GLI UOMINI DELLA RSI: PIERO PARINI    


UN RICORDO DI PIERO PARINI Podestà di Milano dopo l'8 settembre - poi Capo della provincia sino all'agosto del '44 Il prestito di un miliardo. Le dimissioni.
Marino Viganò
 
 
     Quella che il melanconico Leopardi classificava 'fatal quiete' arrivi pure quando è l'ora e sarà accolta con animo sereno. Così mi scriveva pochi mesi fa. Quasi un presagio. Piero Parini si è spento infatti ad Atene il 23 agosto scorso, alla soglia dei 99 anni, di un centenario che, aggiungeva, lo lasciava indifferente.
    Pochi ricordano, forse, la figura di questo milanese d'altri tempi, del prefetto che, nell'agosto infuocato del '44, nella Milano dilaniata dalla ferocia della guerra civile, rassegna seccamente le dimissioni a Mussolini per non voler condividere nemmeno moralmente la rappresaglia di piazzale Loreto: una responsabilità rifiutata.
    Ma è solo l'ultimo episodio “politico” di una lunga vita vissuta con pari dignità. Nato all'ombra della Madonnina -e sempre lo ribadiva con orgoglio tutto ambrosiano- il 13 novembre 1894, figlio di un ispettore delle ferrovie, Piero Parini combatte nella Grande Guerra da ufficiale pilota in una squadriglia che conta un altro aviatore celebre: Gabriele D 'Annunzio.
    Cronista della “Perseveranza” prima, per i Servizi esteri del “Popolo d'ltalia” di Mussolini poi, inviato a Ginevra presso la Società delle Nazioni, padrone di qualche lingua straniera e dell'esperienza di numerosi viaggi in Jugoslavia e Grecia, viene presto immesso nella carriera diplomatica da Dino Grandi, allora sottosegretario agli Esteri, e destinato console ad Aleppo, in Siria.
    Ma non fa in tempo a partire. È il '28, Grandi è in rotta col direttore dei fasci all'estero Cornelio Di Marzio: Parini è nominato segretario generale degli Italiani all'estero e direttore al ministero. Di Grandi serberà sempre grande stima: “L'uomo più intelligente che io abbia conosciuto, dopo Mussolini”, mi soleva dire.
    Sono gli anni solari del fascismo. Parini si distingue subito per attivismo e inventiva. Accoglie nelle colonie estive dell'O.N.B. i figli degli italiani all'estero (“mi chiamavano papà Parini“, ricordava con commozione), i treni delle gestanti (per evitare che i figli, nascendo all'estero, avessero cittadinanza straniera), la fittissima rete di fasci che raggruppano gli italiani nel mondo...
    Quando inizia l’avventura africana nel '36, altra intuizione: riunire i volontari Italiani provenienti dall’estero in un unico reparto.
    Nasce così la Legione degli Italiani all'estero, che Parini guida col grado di console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale alla conquista di Dire Daua. Rientrato in Italia, trova un nuovo ministro degli Esteri: Galeazzo Ciano. L'intesa dura un anno, poi lo screzio inevitabile. “Mussolini ha preferito dar ragione al genero”, concludeva, ma senza acrimonia verso il rivale di allora. “Ciano era intelligente, tutt'altro che stupido: era molto intelligente, molto capace, ma era anche di una vanità estrema”, mi ripeteva per cercare un motivo ai dissapori.
    Nel '37 parte per la Cina e il Giappone. Il raid Roma-Tokyo di Locatelli sembra aprire prospettive a una linea aerea diretta delI'Ala Littoria. D 'accordo con Valletta della FIAT e Klinger della compagnia aerea, Parini sonda le possibilità d'intesa ma, quando sta per concludere che il progetto non è redditizio, viene richiamato a Roma, al ministero degli Esteri.
    L'Italia è appena andata in Albania (siamo nell'aprile del '39) e Ciano lo manda consigliere del primo ministro albanese Verlaci. Poco dopo lo nomina segretario generale della Luogotenenza. Finita la campagna di Grecia, nel '41 Mussolini lo vuole capo degli Affari Civili delle isole Ionie. Là lo coglie il 25 luglio e lo raggiunge l'ordine di passare le consegne. Rientra a Milano via Dalmazia.
    L'indignazione per l'arresto di Mussolini sulla soglia della casa del re, il disgusto per i Savoia e per “la grettezza vendicativa del regime badogliano” inducono Parini a restare con Mussolini sconfitto dopo la proclamazione dell'armistizio e la nascita del governo fascista repubblicano.
    Nominato podestà di Milano il 13 ottobre del '43 e capo della provincia (prefetto) il 15 gennaio del '44, Parini si trova a gestire la più grande città del nord in un momento drammatico: sconvolta dai bombardamenti, piegata dal freddo e dalla fame, la metropoli lombarda affronta senza mezzi il quarto inverno di guerra, con l'Annona paralizzata e le casse comunali vuote.
    È allora che Parini, dopo un colloquio con Raffaele Mattioli della Commerciale, vara l'iniziativa che gli sarà più cara, che sentirà come più sua, cioè il prestito da un miliardo (di allora) per far fronte alle spese del Comune. Prestito coperto già il 2 aprile del '44 con un'eccedenza di duecento milioni e riconosciuto nel dopoguerra dal comando Alleato. Qualcuno ancora ricorda il “prestito Parini”. Col denaro si fanno mense di guerra, mentre una linea di “decauville” sgombera le macerie alla periferia della città: nasce così il Monte Stella.
    10 agosto 1944: un attentato dei G.A.P. in viale Abruzzi provoca vittime anche civili. La reazione tedesca coinvolge il fascismo milanese, dato che le 15 vittime della rappresaglia sono tirate fuori a caso da San Vittore e il plotone è composto da elementi della Legione “Muti”.
    Mussolini è furibondo, Parini, già su posizioni di critica che sfiorano l'aperta dissidenza, profitta dell'occasione per dimettersi con decisione. “Ho telefonato la sera stessa a Mussolini: in questa situazione - gli ho detto - con i tedeschi non voglio più avere a che fare! Mussolini ha detto 'Se non volete restare, lasciate la carica'“, mi raccontava.
    Vive gli ultimi mesi della R.S.I. da privato cittadino, nella casa di piazzale Fiume, con la seconda moglie sposata qualche tempo prima, una greca che riempie il vuoto lasciato da Rosetta Colombi, morta nel '43 dopo lunga malattia.
    Il 26 aprile 1945, Parini e la moglie entrano nel Canton Ticino con falsi documenti spagnoli ma vengono subito riconosciuti ed espulsi dalla Svizzera: la Colombi aveva diretto un giornale irredentista ticinese e Parini per gli svizzeri è ancora “il marito di quella che voleva staccare il Ticino dalla Svizzera”.
    Arrestato, processato, condannato a 12 anni per “legittima presunzione di reato” per aver ricoperto cariche nel fascismo -di cui 5 però condonati-, Parini beneficia dell'amnistia Togliatti nel '46 e ripara in America Latina, Argentina e poi Brasile, lavorando nel campo delle condutture per gas liquido.
    Ha trascorso gli ultimi anni ad Atene, in una bella casa con vista sul Partenone, ma tornava anche a Milano di tanto in tanto nell'appartamento di San Siro che era l'approdo nella città tanto amata.
    Ci dividevano quasi settant'anni, all'anagrafe. Ci univano gli interessi comuni per le letture, la storia, le rievocazioni di un passato che viveva nel ricordo d'una memoria sino all'ultimo lucida, precisa, intensa.
    Voleva tornare ancora una volta in Italia. “La prima telefonata sarà per Lei per combinare l'incontro”, mi ha scritto. Mi mancherà quella telefonata.
 
 
STORIA VERITA’ N. 13 Luglio-Agosto 1998  (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

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